giovedì 1° dicembre 2011 ore 18,00
Auditorium Don Vincenzo Paradiso –
Palagianello
Intervento di
Vito Vincenzo Di Turi – Istruttore
Demaniale
---==(0)==---
“In questo periodo nel nostro Comune si parla molto di
usi civici.
Che cosa sono? . . . . Per adesso vi dico che sono diritti e beni di
nostra proprietà.
Non dovete meravigliarvi!
Dei 4.327 ettari di
territorio che sviluppa in nostro Comune ben 1.900, sono di proprietà dei
cittadini di Palagianello, non del Comune.
E, proprio grazie a
queste proprietà collettive possiamo ancora godere, per esempio, in Palagianello,
ed in altri Comuni, dell’aria balsamica dei boschi poiché queste aree, per il
semplice fatto di appartenere al Demanio civico, sono sottoposte a un regime
speciale di gestione, oltre al vincolo paesaggistico a norma del Decreto
Legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 che, peraltro, ha ripreso quanto, in materia
ambientale, prevedeva la cosiddetta Legge Galasso del 1985.
Agli stessi vincoli ed
alla stessa tutela paesaggistica è soggetta la “Gravina” oggetto di questo
Convegno.
Intanto mi preme dire che
ogni qualvolta che ci si appresta a ricostruire la storia dei diritti di Uso
civico, bisogna tornare indietro. . . . assai indietro nel tempo.
Si tratta di ricostruire
le vicende di queste terre, per vedere in conformità a quale documentazione,
normalmente d’archivio, che cosa succedeva su quel demanio, studiando un numero
imprecisato di carte a prima vista vuote
di significato pratico, almeno per le situazioni attuali.
Così non è, per due
motivi di portata contrastante:
Il primo è l’abbondanza della
possibilità di documentare;
Il secondo, al contrario,
la relativa scarsità della documentazione fino a noi pervenuta, poiché gli
Archivi più vicino a noi ovvero l’Archivio comunale di Palagianello e quello di
Palagiano sono avari di documenti, almeno per quanto riguarda le terre civiche.
La ricerca si è rilevata
problematica considerando che il periodo interessato va individuato agli inizi
del XIX secolo, quando Palagianello aveva ancora dignità ed autonomia
amministrativa quale “Università”.
Nel 1806 il riordino
amministrativo portò Palagianello ad essere aggregato al Comune di Palagiano.
Tuttavia le mie ricerche sono state dirette verso gli
Archivi di Stato di Napoli e Lecce, atteso che sulla questione terre demaniali,
quelli Comunali di Palagianello e Palagiano si sono dimostrati avari di
documenti, per incuria o forse per coprire lo scempio fatto in epoca
relativamente lontana sul demanio civico.
La razzia
degli atti di Archivio, molto probabilmente, va collegata con l’assalto portato
alle terre civiche da cittadini, spesso Amministratori comunali o loro parenti,
dopo l’eversione della feudalità e immediatamente dopo la divisione in massa
dei demani.
La
distruzione dei documenti era pratica diffusa. Al riguardo mi piace riportare
quanto l’Agente Demaniale Cav. Nicola Geofilo ebbe a esporre al Consiglio
Comunale di Palagiano nella seduta del giorno 8 agosto 1915.
In quella
occasione l’Agente Demaniale lamentava
di non avere rintracciato in quell’archivio sufficienti documenti, addebitando
la dispersione al fatto che “. . lo
spettro demaniale poteva un giorno affacciarsi minaccioso”.
Situazione alquanto strana quella degli Archivi
Storici dei due Comuni che non potendo offrire (almeno per la parte che
riguarda le terre civiche) documenti al ricercatore ed allo studioso, fa
pensare a qualcosa come se, Palagianello e Palagiano, hanno avuto alle spalle
una storia terriera ignota o, peggio, non hanno per niente storia demaniale.
Alla bisogna, le storie le hanno fornito gli Archivi
dello Stato di Lecce e Napoli, come prima detto.
Dopo
questa breve digressione, riassumo brevemente i termini della questione, per
richiamare alla nostra memoria i momenti essenziali e necessari ad inserire
opportunamente l'oggetto del nostro incontro.
GLI USI
CIVICI
Nella quasi totalità dei Comuni dell’ex regno delle
due Sicilie, la storia delle terre pubbliche è sconosciuta ai più!
Nel nostro comune solo gli anziani erano in grado di
testimoniarla, fra questi il Cavaliere di Vittorio Veneto Antonio Donvito,
detto Cinquedenti, da me intervistato nel 1984!
Devo dare atto che la storia demaniale tramandata
oralmente, della quale il cav. Donvito era l’ultimo depositario, ha trovato
puntuale riscontro nei documenti reperiti nei vari archivi.
Adesso è presente nella memoria di pochi e va del
tutto scomparendo in quella popolare, con buona pace degli affaristi, dai quali
la speculazione sui beni della popolazione andava salvaguardata fin dal momento
in cui le prospettive di valorizzazione extra-agrarie delle terre cominciavano
a rendersi evidente.
I beni civici andavano tutelati per conservarli al
soddisfacimento di interessi generali, adottando le opportune norme di
aggiornamento per l’esercizio del diritto degli usi civici nella situazione
attuale, non ultimo quello della necessità (prima casa) restituendo ai
cittadini quel diritto che nel Lazio, per esempio, era già conosciuto e
regolato nelle disposizioni statutarie dello Stato Pontificio e che va sotto il
nome di jus casalinandi.
E’ universalmente([1])
riconosciuto, e nel nostro Paese codificato, che gli usi civici sono diritti
reali di godimento inalienabili, vincolati in perpetuo a favore della collettività
che ne è titolare fin dai tempi più antichi: “AB IMMEMORABILI”.
Nella nona riunione scientifica tenutasi il 6 e 7
novembre 2003 presso l’Università di Trento il tema in discussione aveva questo
titolo:
“Avevano tutto, e
nulla possedevamo
A quel tema ho aggiunto
un sottotitolo - Ovverosia dalla
divisione in massa e quotizzazione dei demani alla ricostituzione del latifondo
finanziato dai cittadini di Palagianello”.
Che cosa sono le terre civiche?
Le terre civiche, che si trovano pressoché tutte
nell’Italia meridionale, sono terre di proprietà dei cittadini, come affermato
dalla dottrina e dalla costante giurisprudenza.
Di queste il Comune, quale Ente esponenziale, ne cura
semplicemente gli interessi nei confronti di terzi.
Ed ancora: Che cosa sono gli usi civici?
Gli usi civici, invece, sono diritti reali perpetui di
godimento (diritti di uso e godimento su terre di
proprietà privata) caratterizzati dal fatto che spettano ai componenti
di una collettività, <uti singuli> ovvero ad ogni persona individualmente considerata ed <uti
universi>;
Mentre gli usi civici sono destinati a cessare
attraverso il procedimento estintivo della liquidazione, per il demanio
universale([2]) si chiede
un completo riconoscimento anche alle terre, massicciamente, usurpate a vario
titolo, sia da parte degli Enti pubblici sia di privati.
I demani civici sono inalienabili([3]), inusucapibili,
imprescrittibili([4]), indisponibili([5]), e, quindi,
soggetti al vincolo della incommerciabilità
ed a quello della destinazione.
Qualcuno si domanderà come le terre civiche sono
pervenute ai cittadini.
Dopo la legge 2 agosto 1806 abolitiva della feudalità,
con il decreto 8 giugno 1807 furono dettate le norme per l’esecuzione della
divisione in massa delle terre ex feudali.
Ai cittadini di Palagianello, a seguito della
divisione in massa furono assegnati circa 1.900 ettari, la differenza rimase in
proprietà privata all’ex feudatario.
Alle università, come allora erano denominati i Comuni, dovevano essere
assegnati i terreni più vicini all'abitato, da dividere, poi tra i cittadini
nullatenenti.
Questa imponente operazione di redistribuzione di una
parte consistente del patrimonio fondiario, nonostante le buone intenzioni non
eliminò le disuguaglianze presenti nella distribuzione della proprietà terriera,
che, al termine di questo processo, rimase ancora sostanzialmente concentrata
nelle mani di poche famiglie,
all’interno delle quali sempre era presente un pubblico amministratore.
Non a caso le operazioni di quotizzazione durarono per
decenni giacché le terre soggette alla divisione erano nel possesso abusivo di amministratori
o loro familiari.
Ciò dava spazio, tra l’altro, ad abusi nella gestione e
sconfinamenti nel Demanio comunale con conseguente increscioso fenomeno delle
usurpazioni delle terre civiche.
La questione, nell’arco di circa due secoli, è stata sottoposta
a quattro verifiche le quali, tutte, hanno accertato il fenomeno
dell’usurpazione del demanio civiche.
Dal resoconto delle quattro operazioni peritali
abbiamo avuto la possibilità di individuare oltre agli occupatori abusivi del
demanio civico, abbiamo potuto valutare anche le
dimensioni del fenomeno delle usurpazioni.
Parte dei demani Conocchiella, Titolato e Parco del
casale sin dai primi anni del secolo XIX, sono nelle mani di quattro o cinque
persone, di solito amministratori, le cui famiglie sono tutte imparentate fra
loro attraverso matrimoni incrociati.
Qualche esempio.
Nella
seduta Consiliare del 13 aprile 1878, fra gli argomenti in discussione si
doveva trattare delle quote Demaniali
abbandonate e dell’usurpazione di strada vicinale di servitù pubblica.
Su
venti consiglieri presenti in quella seduta ben dodici erano possessori senza
titolo di demanio civico.
Relatore
degli argomenti, su invito del Sindaco, fu nominato un Consigliere la cui
famiglia, oltre ad annoverare al suo interno Sindaci e Consiglieri Comunali e
burocrati quali il Segretario Comunale, deteneva, non si conosce a quale
titolo, demanio civico nella Conocchiella.
Non
solo, lo stesso Consigliere fu incaricato dal Consiglio, con 11 voti favorevoli
su 12 presenti e votanti (forse il Consigliere incaricato ebbe il pudore di non
votarsi), di verificare le quote demaniali.
In
sostanza quel Consigliere doveva controllare le quote della Conocchiella in suo possesso, doveva eseguire la verifica
nei confronti di altri dieci Consiglieri, tutti possessori senza titolo di
parte del demanio civico, oltre ad accertare le usurpazioni fatte nella strada vicinale di servitù pubblica che
sin dagli inizi del secolo XIX era nell’illegittimo possesso, come accertato da
tutte le perizie demaniali, della famiglia del Sindaco in carica.
In
altri termini, è come se avessero chiesto alla volpe, incaricata della
vigilanza del pollaio, di dare spiegazioni sulla sparizione delle galline.
Ancora
più indicativa è la composizione della Giunta Municipale del 1871 formata da
persone appartenenti tutte alla stessa famiglia, oltre che possessori senza
titolo di demanio civico.
Come
dire che l’Ente Comune fosse un’azienda a
conduzione familiare.
Accadeva, pure, che, alla presenza di una verifica demaniale, gli Amministratori,
ripeto tutti interessati alla questione Terre civiche, non solo nominavano i
Consiglieri che dovevano, insieme al perito, studiare le carte ma, indicavano,
pure, quale Demanio civico doveva subire la verifica. Certamente
non quello in loro possesso.
Ed allora: Quis
custodiet custodes?
Chi
controllava i controllori?
I cittadini di Palagianello subirono passivamente la
questione demanio, a differenza di quelli di altri comuni che dimostrarono di
saper difendere il proprio demanio dagli usurpatori riuscendo, anche con
manifestazioni di piazza ed azioni giudiziarie, a far valere i loro diritti.
Non fu così, per esempio:
1.
A
Santeramo (BA), che durante il periodo feudale, subì le vessazioni dei
Caracciolo, gli stessi di Palagianello, i cittadini, contro l'inerzia degli
Amministratori, seppero difendere e recuperare nel 1910 parte del demanio
usurpato, poi quotizzato nel 1933.
2.
A
Castelgrande (PZ) nel 1913 fu lo stesso Sindaco, Notaio Potito De Santis -
autore, fra l'altro, de "I demani
comunali indivisi", a farsi promotore del recupero, al patrimonio
civico, di zone demaniali usurpate in epoca precedente.
3.
A
Palagianello, invece, nell'indifferenza totale dei cittadini, meno qualche
ricorso in epoca lontana, gli Amministratori hanno cercato, riuscendovi, di
mettere in letargo la questione.
Le tre situazioni non necessitano commenti.
Questa in sintesi la storia demaniale del nostro
Comune del XIX secolo, forse un po’ confusa e lacunosa, compressa nell’arco
temporale di 15 minuti a me assegnati.
Per questo un ammonimento cinquecentesco mi è stato di
guida:
“CHI NON PUO’ TUTTO FACCIA QUEL CHE PIU’ GLI SIA POSSIBILE”
Delle spoliazioni, dei fatti e misfatti riferiti al
secolo scorso e fino ai nostri giorni spero di avere l’occasione di parlarne in
un prossimo futuro.
Per ora mi piace finire con un giudizio dello storico
lucano Giacomo Racioppi, il quale, nell’immediatezza dei fatti ebbe a dire:
"......fu ordinato distaccarsi dalla proprietà
feudale una parte delle terre, e questa parte venne attribuita al Comune non
come suo patrimonio, ma come retaggio dei minori cittadini, a cui il Comune
doveva trasmetterle.
Queste porzioni distaccate dalle terre feudali in
compenso degli usi civici, costituirono i beni demaniali del Comune, eredità
futura dei nullatenenti".
Grazie a voi tutti
Vito Vincenzo Di Turi
[1] )-Si conoscono diritti di usi e
proprietà collettive nell’Impero Russo (Obscina), Allmend
in Svizzera, Derrota nella Spagna, Zadruga nei
paesi Slavi e persino in Kenya risulta esistere il “coccatico”,
vale a dire il diritto di far proprio il cocco jure filiationis aut
incolatus, ossia solamente dai naturali del posto e coloro che vi abitano.
[2] )
– Il demanio Universale o di uso civico è condominio dei cittadini,
vigilato e coordinato dal Comune. - Cfr. Donato Antonio TOMMASI – “Canoni e Usi Civici” – Tip. Nazionale –
Roma – 1913, pag. 137.
[3] )
– Impossibilità giuridica di vendere, cedere, trasferire beni o diritti
- Che non può essere ceduto, trasferito, venduto,.
[4] )
– Caratteristica di alcuni diritti che
non si estinguono anche se non vengono esercitati per lungo tempo - Non
estinzione di un diritto.